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Channel: form@re » n. 32 gennaio 2005
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Editoriale

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Le nuove tecnologie nella scuola. Riflettere sul passato per comprendere il futuro

Le tecnologie non cessano di sorprenderci, con i loro nuovi e suggestivi formati, “smart mobs”, sistemi p2p, weblog ecc… Ma quando si confronta il loro impiego in ambito educativo si deve necessariamente ritornare a linguaggi e a quesiti consueti al dibattito educativo: che tipo di interazioni cognitive (ed anche affettive, psicologiche ecc..) si stabiliscono tra mente e medium? In che senso si caratterizzano questi processi?

Quale è la rilevanza educativa? Quali sarebbero le interazioni auspicabili? E’ una grammatica da cui non si può prescindere, pena la perdita di ogni finalità e scopo per l’attività educativa.
I livelli sono due, uno più specifico, l’altro più generale.
Il primo riguarda la riflessione sulle dinamiche ergonomiche dell’interazione cognitiva (nell’ottica di una ergonomia “didattica”, volta cioè ad esaltare funzioni cognitive di rilievo). Il rapporto tra giovane e tecnologie si può curvare in una molteplicità di modi. le tecnologie possono disattivare abilità cognitive, come allo stesso tempo innescarle o “amplificarle”; possono favorire dispersività cognitiva o permetter il conseguimento di conoscenze altrimenti irraggiungibili; o ancora indurre fraintendimenti (’web deception’), causati dalle false, parziali o scorrette informazioni che circolano in rete e che diventano particolarmente insidiose per un lettore con scarso senso critico come può essere un adolescente.
Il secondo livello riguarda una dimensione diversa, più speculativa. Le tecnologie spingono in primo luogo a riflettere sulla nostra idea di apprendimento e sui nostri stessi modelli educativi. Questo era un concetto già caro a Lydia Tornatore, che lo esprimeva negli anni ‘80, e che oggi come non mai risulta attuale. Ridefinire i nostri modelli educativi può assumere due significati, uno più personale e concreto (quale è la nostra idea di apprendimento), uno più sociale ed astratto (come dovrebbero cambiare le finalità educative della scuola stessa?).
Oggi più che mai comprendiamo che le nuove tecnologie sono un fattore di riconfigurazione, non solo del setting didattico, ma anche di quello scolastico ed istituzionale.
Oggi proprio perché c’è Internet, la scuola è destinata a morire se non affronta il problema della sua stessa funzione ed identità, spostando l’attenzione ad un set di capacità critiche, metacomunicative e progettuali ecc, che il mondo delle reti rende ancor più urgenti e necessarie. Questo rischio non è un fenomeno isolato e circoscrivibile al contesto italiano. In un intervento del 2004 al RIMA (Rencontre internationales du multimédia d’apprentissages: http:// http://www.rima2004.org/) Seymour Papert ha parlato di un rischio analogo per il sistema scolastico Nord Americano, sottolineando che non è sufficiente collegare le scuole a Internet per rinnovarsi, ma che è urgente ripensare profondamente la scuola.

I problemi e le riflessioni sottesi all’impatto con le tecnologie quali quelli qui accennati non sono certo nuovi, fanno parte di un dialogo che si è protratto e continuerà negli anni e che non può non investire criticamente la scuola.
Per acquisire una visione storica e prospettica è essenziale rileggere il passato e conservarne la sua lezione. Questo è ancor più vero nel campo delle tecnologie dove domina spesso la sensazione, non solo nei giovani, che l’ultima release “azzeri tutto”.
Con questo numero intendiamo riaprire una riflessione sulle tecnologie nella scuola a partire innanzitutto da ciò che è stato. In questo senso ci preme ricordare un’esperienza che ha avuto particolare importanza nella vicenda del rapporto tra ricerca tecnologico-educativa e scuola in questo paese, la newsletter Golem, che pubblicata tra il 1989 ed il 1994 costituì una sede di aggregazione del tutto unica tra competenze scientifiche e didattiche.

A Golem sono dedicati due lavori, il primo di M. Mencarelli, che presentando le tematiche affrontate dalla rivista in quegli anni, ne restituisce un profilo nel quale si riflette gran parte del dibattito teorico e culturale legato alla storia della diffusione delle nuove tecnologie nella scuola italiana; il secondo curato da M. Mencarelli e B. Andreani riporta le interviste ad alcuni dei maggiori animatori dell’esperienza, Danco Singer, M. Beatrice Logorio e Domenico Parisi.

Il terzo lavoro è un intervento di Italo Tanoni che presenta una panoramica dell’introduzione delle tecnologie nella scuola italiana, passando in rassegna i vari piani nazionali promossi e attuati dal MPI fino a menzionare le più recenti iniziative gestite da INDIRE.

Di D. Parmigiani sono il quarto e il quinto contributo: nel primo l’autore avanza una riflessione teorica sui rapporti tra tecnica, tecnologia e didattica, mettendo in luce come questi tre termini non costituiscano tre distinti poli comunicanti in virtù di una mediazione della didattica stessa, quanto piuttosto un continuum soggetto a continue riconfigurazioni grazie alle capacità meta-progettuali dell’insegnante che possiede una competenza autenticamente didattico-tecnologica. Nel secondo si affronta il problema della formazione tecnologica degli insegnanti e viene abbozzato un modello che si rivela avvertito e attento rispetto alle precedenti esperienze del passato.

Questo numero si conclude infine con due lavori realizzati da docenti impegnati nelle SSIS. In particolare, il contributo di Dall’O’ riguarda la formazione degli insegnanti in percorsi blended e pone l’accento sul valore del “sapere dinamico” di una comunità che apprende, sviluppandosi a rete e in rete a partire dal gioco delle competenze messe in campo su compiti condivisi.
Nel solco di una riflessione sulla formazione degli insegnanti si colloca anche l’ultimo contributo a cura di G. Biscotti, G. Cestari, E. Cupello, R. Galassi, A. Serpe, F. Valentini. Gli autori presentano un progetto di creazione di una rete di servizi online a supporto della gestione didattica e organizzativa del tirocinio nella SSIS.


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